UDINE – Ancora un’ospitalità prestigiosa per il cartellone degli Appuntamenti con la storia 2023-2024 promosso dall’Associazione Friuli Storia attraverso sei tappe sul territorio, in collaborazione con la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia e il Circolo culturale San Clemente di Povoletto, con l’apporto del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio Culturale dell’Università di Udine e della Associazione èStoria. Venerdì 19 gennaio, alle 18.30 nella Sala Consiliare di Torreano, protagonista sarà infatti lo storico Roberto Chiarini, per un excursus sul tema “La destra italiana nell’Italia repubblicana, tra nostalgie e legittimazione”: un filo rosso spesso approfondito da Chiarini che è voce fra le più autorevoli del pensiero storico italiano. Professore di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano e grande esperto della storia dei partiti politici, sin dal 2014 Chiarini è componente della Giuria scientifica del Premio Friuli Storia. L’ultimo saggio di Roberto Chiarini, pubblicato da Rubbettino, è “Storia dell’antipolitica dall’Unità a oggi. Perché gli italiani considerano i politici una casta” (2021).
Nel 2022 l’autore ha curato per Friuli Storia il primo percorso di lettura per la community dei lettori di Friuli Storia, con 3 libri suggeriti e 4 incontri sulla storia dell’Italia Repubblicana. A introdurre Roberto Chiarini a Torreano sarà il Direttore scientifico di Friuli Storia, Tommaso Piffer. «L’Italia è l’unica democrazia occidentale che abbia registrato nel dopoguerra la stabile presenza di un partito – il Msi – erede del fascismo – osserva Chiarini, anticipando i temi dell’incontro – Al contempo, è stata l’unica democrazia in cui l’identità della destra è risultata ipotecata dall’illegittimità procuratole dall’eredità, mai rigettata, del fascismo. Da ultimo, l’antifascismo ha assunto in Italia una dignità costituzionale sconosciuta altrove, diventando il fondamento di valori su cui si è basata la legittimazione politica. La destra, pur delegittimata, ha potuto far leva su una larga opinione pubblica che, se aveva chiuso col fascismo sconfitto, non per questo è stata disposta ad arruolarsi nelle file dell’antifascismo vincitore.
Il suo nucleo forte è stato costituito all’inizio dai cosiddetti “ragazzi di Salo”, poi dai sui loro epigoni che si sono sentite vittime incolpevoli di una “persecuzione antifascista”. Sono queste le ragioni per cui la destra italiana, pur subendo la sanzione dell’illegittimità politica, ha potuto resistere. Restava il problema di uscire dalla marginalità politica, il che richiedeva il superamento dell’ostacolo dell’illegittimità. Hanno cercato di risolvere il problema, prima Alleanza nazionale, da ultimo Fratelli d’Italia. Di fatto, però, la destra italiana non ha saputo mai affrontare di petto la sfida della storicizzazione del fascismo prendendo atto dell’inconciliabilità fra democrazia e autoritarismo. Ha preferito lasciare lentamente rinsecchire le proprie radici con il passato fascista sperando in una loro lenta e indolore estinzione».
Roberto Chiarini si è laureato con lode a Pavia discutendo una tesi sullo statista liberale Giuseppe Zanardelli e ha pubblicato nel tempo molte riflessioni: da “Destra italiana. Dall’unità d’Italia a Alleanza Nazionale” (Marsilio 1995), a “25 Aprile. La competizione politica sulla memoria” (2005)”, “L’ultimo fascismo. Storia e memoria della Repubblica di Salò” (2009), quindi “Alle origini di una strana Repubblica. Perché la cultura politica è di sinistra e il Paese è di destra” (2013) e “I giovani sotto il fascismo. Il progetto educativo di un dittatore” (a cura di R, Chiarini e E. Pala), Roccafranca, Massetti Rodella Editori, 2020. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Turati di Firenze, della Fondazione Lucchini di Brescia e del Comitato storico-scientifico della Fondazione Craxi di Roma di cui è stato presidente dal 2009 al 2014. È presidente del Centro studi e documentazione sul periodo storico della Rsi con sede a Salò.
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