“Carne, sangue ed ossa”: la poesia di Giovanna Rodda tra dolore, amore e rinascita
La silloge “Carne, sangue ed ossa” di Giovanna Rodda esplora l’amore, la perdita e la rinascita attraverso una poesia intima e visionaria.
ARTA TERME – Nelle pagine di “Carne, sangue ed ossa”, l’ultima opera della poetessa Giovanna Rodda, si dispiega un universo di forza, resilienza e umanità, un percorso interiore che attraversa dolore, memoria e rinascita.
Pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” di Aletti Editore e disponibile anche in versione e-book, la silloge è un viaggio lirico e spirituale che unisce sacro e profano, anima e corpo, vita e perdita.
Una poesia che intreccia vita e mito
L’opera raccoglie poesie scritte in epoche diverse, alcune risalenti agli anni ’90, nate durante un viaggio in Brasile che segnò profondamente l’autrice. È lì che Giovanna Rodda conobbe l’uomo che sarebbe diventato suo compagno di vita e a cui ha dedicato gran parte dei suoi versi più intensi.
I paesaggi tropicali, la gente, i colori e le figure femminili incontrate lungo il cammino diventano elementi di ispirazione, sospesi tra realtà e sogno, mentre il tema dell’amore attraversa tutta l’opera come musa e memoria viva di un sentimento spezzato troppo presto dalla malattia.
“Carne, sangue ed ossa – spiega la poetessa, nata a Trieste e residente ad Arta Terme (Udine) – vuole mettere in risalto ciò che noi, esseri umani, siamo nell’immediatezza del nostro esistere, per poi approfondire, nella poesia che dà il titolo alla raccolta, i concetti di anima e spirito, interpretati sia in chiave poetica che filosofica e storica”.
Tra amore e morte, il mistero dell’esistenza
Con un linguaggio profondo e metaforico, Giovanna Rodda invita il lettore a guardare negli occhi il mistero dell’esistenza, accettandone anche gli aspetti più dolorosi: la perdita, il lutto, la fine.
“Il collegamento tra amore e morte – racconta l’autrice – è uno dei più antichi della storia umana. L’amore crea un legame che si nutre di desiderio, rimpianto e speranza, e per chi crede in una dimensione ultraterrena, rappresenta la possibilità di un ritrovarsi oltre la vita”.
Per Rodda, ogni opera nasce da una realtà vissuta intensamente, spesso sofferta, e trova nella scrittura poetica la sua forma di immortalità. Così esperienze personali, emozioni e fragilità si trasformano in patrimonio condiviso, nel quale ogni lettore può riconoscersi e rispecchiarsi.
La parola come rito e invocazione
Nella Prefazione, il maestro Giuseppe Aletti, poeta ed editore, descrive la raccolta come “un’opera che fa eco al rito e all’invocazione”.
Attraverso componimenti visionari e carnali, Giovanna Rodda costruisce “un itinerario lirico che oltrepassa il dolore personale trasformandolo in mito privato, capace di parlare a tutti”.
Le sue poesie diventano così preghiere laiche, in cui la parola poetica assume un valore sacro e salvifico, capace di connettere l’umano e il divino, la ferita e la guarigione.
L’arte della parola come rivelazione
Nella poetica di Giovanna Rodda, la realtà e la creatività si fondono, creando una tensione costante tra esperienza e trasfigurazione. “La poesia è come la punta di un iceberg – racconta –. A volte è una punta acuminata che ferisce, ma sotto la superficie resta un mondo sommerso di emozioni e significati che il lettore può scoprire e reinterpretare”.
Ed è proprio questa la forza di “Carne, sangue ed ossa”: un invito a riscoprire l’incanto e la bellezza del vivere, anche nei momenti più oscuri.
“La meraviglia – conclude la poetessa – è quella che avevamo da bambini e che continua a vivere in noi, se sappiamo aprirci alla suggestione, alla speranza e alla luce dell’anima”.