Udine 7 giugno 2023 – «Anche in finanza il futuro non esiste senza il governo del presente». È la sintesi del pensiero dell’economista Vito Rotondi (ex amministratore delegato di MEP) a partire dalla lezione che si può trarre dall’implosione delle banche Usa. «Governance e vigilanza», prosegue, sono i perni che debbono funzionare molto bene «per evitare che i Paesi entrino in default».
Un obiettivo non semplice, riconosce Vito Rotondi, che si era interrogato sul futuro della finanza anche durante le «tempeste valutarie» del 1988, producendo una monografia dal titolo: «Se cambiano i cambi?». Ebbene, considera l’economista, «la risposta è valida ancora oggi», perché per assicurare futuro alla finanza occorrono «meccanismi capaci e robusti, parametri intelligenti, regolamenti interattivi, vigili, tempestivi, attenti non solo a misurare passato, presente e futuro, ma capaci di scrivere i protocolli comportamentali dei limiti e a proteggere le riserve di vincolo con microanalisi di sensitività sui covenants, per equazioni con variabili su più driver interconnessi». «Nel sistema finanziario reso più complesso dopo l’epoca della Grande Deviazione, nel nuovo secolo con politiche monetarie ultra-espansive che hanno finanziato la crescita del debito privato, dei mercati integrati di capitali, con tassi di cambi flessibili, inflazione alta e tensione sui tassi di interesse con orizzonti recessivi, le regole di politica monetaria sono divenute condizioni vieppiù necessarie, seppure non sufficienti, per la stabilità monetaria e finanziaria globale».
Da allora, è evidente, «è aumentata la complessità della gestione di una mole gigantesca di variabili e dati» ma, prosegue Rotondi, «i tempi attuali sono tali da riconoscere ex ante chi sia virtuoso e sanzionare chi non lo sia; tempi tali da premiare i modelli di gestione del rischio migliori, capaci di simulare anche la velocità dei depositi nel cercare rendimenti e sicurezze, non soltanto per l’efficacia della tecnologia della trasmissione, bensì per la migliore lettura dei dati macroeconomici e dei processi decisionali degli investitori, oltre che degli enti di controllo sul micro-management del sistema industriale e finanziario». Inoltre, sottolinea, per un’adeguata governance e vigilanza dei rischi in quest’epoca «le soluzioni tecniche esistono e sono disponibili con livelli di elevata governance e risultati persino superiori ai parametri richiesti dalle normative più stringenti. I mercati si rivolgono alle istituzioni virtuose che le adottano, le promuovono le impiegano».
L’Eca, la Corte dei conti europea, per esempio, recentemente si è espressa nei confronti della Bce sostenendo che «le valutazioni del rischio sono di buona qualità, ma la Bce non utilizza in modo efficiente tutti gli strumenti a disposizione per assicurare coperture adeguate del rischio di credito». Di rimando, l’istituto di Francoforte ha sostenuto che «sebbene sia possibile utilizzare gli strumenti e i poteri in modi diversi, l’approccio scelto dalla Bce è stato il più efficace e il più efficiente come dimostrato dalla riduzione dei Npls e dall’aumento delle coperture». E i numeri sostanziano le parole: «In termini oggettivi il Cet1, il Capitale di vigilanza, ha raggiunto nel 2022 il livello aggregato del 15,27%; in termini oggettivi i crediti in sofferenza negli ultimi 8 anni sono stati ridotti da mille miliardi a 350 miliardi di euro, incidendo ora per il 2% sui prestiti totali», spiega Rotondi
In termini di principio, considera ancora l’economista Rotondi, «non saremo al sicuro dai rischi che non saremo stati in grado di pensare». Tecnicamente, conclude, «probabilmente i migliori modelli di controllo sono proattivi, flessibili e robusti. Driverdi controllo costantemente dinamici, tali che non si “innamorino” della soluzione e prestazione tecnica e, invece, siano capaci di orientare processi a decisione rapida, gestionale, ripetuta con collaborazioni dirette delle funzioni regolatorie dell’economia, della finanza e del credito».
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