Il Friuli Venezia Giulia, situato al confine con la Slovenia, è da oggi sabato 21 ottobre 2023 tornato all’epoca dei controlli di frontiera. Questa decisione è stata presa come misura precauzionale a fronte di emergenze quali il rischio di atti terroristici e l’arrivo massiccio di migranti attraverso la Rotta balcanica. La sospensione del Trattato di Schengen è prevista inizialmente per un periodo di dieci giorni, ma con la possibilità di essere estesa. Ai confini quindi vi saranno controlli e richiesta di documenti per entrare da uno Stato all’altro. Stessa mossa anche tra Slovenia e Croazia.
Le Autorità Regionali alzano la voce
Pierpaolo Roberti, assessore alla Sicurezza della Regione Friuli Venezia Giulia, e il presidente Massimiliano Fedriga, esprimono chiaramente il loro punto di vista: dieci giorni potrebbero non essere sufficienti per affrontare l’emergenza, di qualunque natura essa sia. “Se la necessità resterà tale, sarà giusto prolungare la sospensione della libera circolazione,” sostiene Fedriga.
Il ruolo del Governo Nazionale e dell’Unione Europea
È importante notare che la sospensione del Trattato di Schengen non è una decisione che può essere presa unilateralmente dalla regione. Invece, spetta al governo italiano, dopo aver fornito le dovute motivazioni alla Commissione Europea, determinare la durata massima della sospensione, che potrebbe arrivare fino a sei mesi.
Opinioni a confronto
Luca Ciriani, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e originario della regione Friuli, ha espresso un punto di vista molto diretto: “La sospensione di Schengen durerà tutto il tempo necessario. È giusta, necessaria, urgente e lungimirante”. Questa affermazione lascia poco spazio all’interpretazione e sembra essere in linea con le aspettative delle autorità regionali.
La sospensione del Trattato di Schengen in Friuli Venezia Giulia rappresenta un nodo complesso che intreccia questioni di sicurezza, diritti umani e politiche europee. Con questa misura, la regione sembra inviare un messaggio forte non solo a Roma, ma anche all’intera Unione Europea: è tempo di riconsiderare gli accordi di libera circolazione in un contesto di crescenti emergenze e insicurezze.
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