A Udine si è svolto un grave episodio che avrebbe potuto avere conseguenze letali, se non fosse stato per l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine. S. H., un uomo di 31 anni di origini pakistane e residente a Tavagnacco, è stato arrestato in flagranza di reato il 1° marzo, grazie a un’operazione di sorveglianza condotta con maestria dalla Squadra Volante della Questura di Udine. La vicenda, che si dipana tra gelosia, vendetta e criminalità, sottolinea l’importanza delle tecnologie di sorveglianza nella prevenzione dei crimini.
Il sospetto tradimento e un piano di vendetta
Tutto ha inizio quando H., spinto da un sospetto tradimento amoroso, decide di compiere un gesto estremo. Dopo aver visionato un video in cui la sua presunta compagna si intratteneva con un altro uomo, l’ira e il desiderio di vendetta prendono il sopravvento. La sua decisione? Uccidere entrambi. Per portare a termine il suo piano omicidiario, H. ha ritenuto necessario procurarsi un’arma da fuoco, una pistola semiautomatica Beretta calibro 22 lr.
Le intercettazioni salvano due vite
La svolta investigativa arriva meno di due settimane prima del suo arresto. Nel corso di un’indagine su traffico di sostanze stupefacenti, le autorità autorizzano intercettazioni nei confronti di H., rivelando così i dettagli del suo piano. Queste intercettazioni, fondamentali per l’esito dell’operazione, permettono di intervenire prima che il piano venga messo in atto, salvando la vita dei due amanti ignari del pericolo che li sovrastava.
L’arresto e il ritrovamento dell’arma
L’arresto avviene nei pressi del casello di Udine Sud, al termine di un pedinamento che ha messo in luce l’acquisto dell’arma. Al momento del controllo, H. aveva la pistola nascosta nella tasca della giacca, pronta all’uso con sei proiettili nel caricatore. La successiva perquisizione ha portato al ritrovamento di ulteriori elementi, tra cui una seconda canna calibro 22, un bilancino di precisione e una somma di 650 euro in contanti.
La versione dell’indagato e la decisione del giudice
Durante l’udienza per la convalida dell’arresto, H., assistito dall’avvocato, ha presentato una versione dei fatti che divergeva dalle accuse, affermando di aver acquistato l’arma per difendersi da minacce ricevute. Tuttavia, questa spiegazione non ha attenuato le preoccupazioni del giudice, Emanuele Lazzàro, riguardo alla pericolosità sociale dell’indagato, già noto alle forze dell’ordine per coinvolgimenti in attività di spaccio di droga. Di conseguenza, la custodia in carcere è stata ritenuta l’unica misura adeguata a prevenire ulteriori reati.
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