Pasian di Prato, 12 dicembre 2023 – Michele Lisco, presidente della coop sociale Aedis che si occupa di accoglienza minori stranieri, ha rilasciato una dichiarazione a seguito della rissa a bastonate tra minori migranti a San Domenico. Questo evento ha evidenziato che la colpa non era di Aedis, ma di chi non vuole affrontare il problema di un’immigrazione che è radicalmente cambiata.
Situazione attuale e reazione di Aedis
«Noi per primi avevamo dato l’allarme – spiega il presidente Michele Lisco – dicendo che la situazione oggi è molto più problematica di anni fa e che era necessario trovare un modo diverso per affrontare la questione. Ci siamo anche ritirati dall’appalto della struttura di via XXIII Marzo perché non c’erano più le condizioni per lavorare. Per tutta risposta siamo stati invitati ad assumere la vigilanza privata e il Comune ci ha revocato l’autorizzazione, una scelta poi bocciata dal TAR su tutti gli aspetti. Perché invece non sederci a un tavolo e capire che soluzione trovare?».
La lettera dei residenti di San Domenico
La rissa di San Domenico è una delle tante verificate dopo che Aedis ha lasciato la struttura di prima accoglienza di via XXIII Marzo. I residenti di San Domenico, in una lettera accompagnata da 270 firme, esprimono la loro preoccupazione: «Si è voluto far credere che il problema del centro di Aedis fosse stato risolto, ma non è vero, è solo stato spostato da noi. Ci ritroviamo con gruppi di minori che stazionano all’esterno del don de Roja e vanno e vengono a tutte le ore del giorno e della sera, anche a notte tarda. Hanno atteggiamenti aggressivi e di sfida, e non sono mancati episodi di risse e alterchi fuori dalla struttura».
La “visione” di Michele Lisco
«Sembra che siamo noi delle comunità di accoglienza a dover fare gli sceriffi e mantenere l’ordine – spiega ancora Lisco – ma noi siamo qui per educare e integrare i ragazzi che si impegnano, non per punire o sostituirci alle istituzioni. È un dato di fatto che l’immigrazione giovanile è radicalmente cambiata, sia come provenienza che come tipologia di giovani: noi non siamo attrezzati per gestire persone che hanno alle spalle reati pesanti, né siamo un carcere o un riformatorio. Abbiamo chiesto una mano e non abbiamo avuto risposte».
Conseguenze e richieste di Lisco
Dopo la chiusura del centro di viale XXIII Marzo le risse si sono spostate in tutta la città. «Noi chiediamo – conclude Lisco – che chi di dovere si prenda la responsabilità di questa situazione e non scarichi sulle cooperative e sui cittadini un problema di sicurezza e legalità. Noi ci abbiamo già rimesso: una struttura chiusa, danni economici, per non parlare di due operatori in ospedale, altri che si sono licenziati e alcune donne non vogliono più lavorare. E ci rimettono anche gli altri ragazzi che invece si impegnano per fare le cose bene e che potrebbero diventare una risorsa di lavoro per la nostra comunità».
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