Gli enti che rappresentano gli ecosistemi di innovazione delle filiere agricole e alimentari del Nordest uniti per promuovere la bioeconomia rurale circolare. A Udine, al termine del primo incontro mai realizzato tra Friuli-Venezia Giulia, Veneto, province di Trento e di Bolzano ed Emilia-Romagna, è stato presentato un documento condiviso per sostenere i sistemi economici locali nella transizione green. La bioeconomia infatti riguarda tutte le filiere produttive, alimentari e non, che escludono le fonti fossili e che puntano invece su risorse rigenerabili e sulla circolarità delle materie ponendo alla base di questa economia nuova il rispetto del bene primario costituito dal suolo ovvero il terreno su cui si coltivano tutte le risorse agricole.
Nell’Unione Europea il primo documento ufficiale che ha definito questo modello economico risale al 2012 e i principi sono stati già adottati da 104 Regioni. Si stima che la crescita di fatturato e occupati nel Nordest italiano sarà del 15% entro il 2030. All’incontro, organizzato dalla Fondazione Agrifood & Bioeconomy Fvg, hanno partecipato i dirigenti delle Regioni e Province autonome coinvolte, la Libera Università di Bolzano, il Centro di sperimentazione Laimburg, il Cluster agroalimentare Emilia-Romagna, la Rete Innosap del Veneto e la Fondazione Mach, oltre a rappresentanti di enti di ricerca, agenzie di settore ed imprese.
L’incontro è servito non solo per una maggiore conoscenza reciproca, ma anche per condividere progetti concreti già realizzati con successo nei diversi territori: dalla birra prodotta con pane invenduto in Friuli, a olio e cere ricavate da bucce e torsoli di mela in Alto Adige Sudtirol, oppure prodotti per la cosmesi da quel rimane della spremitura delle olive o dalle bucce degli ortaggi in Veneto, come anche il riutilizzo dei gusci della mitilicoltura in Emilia-Romagna. E così molte altre iniziative che hanno lo scopo di ridurre i consumi di beni primari pur garantendo i flussi produttivi oppure di riutilizzare quelli che impropriamente vengono chiamati scarti.
“È stata un’importante occasione di confronto che vuole diventare un appuntamento fisso e che, in prospettiva, si può anche allargare alle regioni contermini degli altri Paesi europei – ha dichiarato Claudio Filipuzzi, presidente di Fondazione Agrifood & Bioeconomy Fvg -. Il nostro ruolo comune è di essere gli acceleratori di un processo ormai iniziato. È quindi fondamentale il trasferimento alle imprese dei risultati delle ricerche, delle esperienze e della conoscenza tecnica già presente sui nostri territori. È inutile reinventare la ruota solo per metterci sopra il nostro nome è più proficuo collaborare accelerando nell’interesse di tutti. Ecco che dobbiamo, però, farci promotori anche nei confronti delle istituzioni di un radicale cambio culturale: da norme e regolamenti deve sparire la parola ‘rifiuto’, perché ancora oggi impedisce o comunque ostacola l’utilizzo di tantissimi sottoprodotti a cui può concretamente essere data una prospettiva di impiego prima dello spandimento in campagna o il conferimento ai biogas, e nuovo valore aggiunto per tutti gli attori della filiera”.
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